Saturday 23 February 2019

Sperimentare la pluralità di Roberto Derobertis, docente di Lingua e Cultura Inglese | Responsabile Erasmus+ di Istituto – Persona di contatto del progetto KA101 “Improving...”




Il CLIL per me, docente di Lingua e Cultura Inglese in Italia, era stato sempre un tabù. 
La normativa italiana, sin dalla sua approvazione, ha privilegiato, isolandolo, il ruolo dei/delle docenti di discipline non linguistiche, ritagliando loro un'autonomia forzata: una forma di malinconica solitudine, soprattutto davanti alle inevitabili difficoltà di natura linguistica. 
E dunque, è stato davvero 'liberatorio' poter osservare, durante il job shadowing alla “Anddrés Garcia Soler” di Lorca (Spagna) ed imparare, durante il corso su CLIL e tecnologie digitali al'Executive Training Institute di Malta, come il CLIL non possa prescindere non soltanto dalla partecipazione dei/delle docente di Lingua ma offra loro enormi possibilità di sperimentazione, motivandoli ad esplorare la didattica attraverso contenuti più consoni alla propria preparazione ed inclinazione. 

Nella scuola spagnola – un Istituto comprensivo di primo grado (3-12 anni) – abbiamo avuto la fortuna di poter osservare in fieri l'apprendimento linguistico di discenti giovanissimi che sperimentano quotidianamente la comunicazione e un'opportunità rara e preziosa di cogliere dal vivo processi di fissazione lessicale, approfondimento di contenuti scientifici, scaffolding e costruzione dei saperi attraverso una partecipazione che, mi è sembrato, ha abbassato quasi del tutto, nella gran parte degli alunni, inibizioni e “filtro affettivo” tipici della comunicazione in lingua straniera. 


I colleghi, da parte loro, ci hanno mostrato un saper fare davvero all'altezza, coniugando in maniera invidiabile lingua e contenuto: era davvero difficile distinguere i/la docente di Lingua Inglese prestato/a alle Scienze naturali dal/la docente di Scienze naturali prestato/a all'Inglese. E così ho potuto imparare davvero quanto sia importante l'approccio cosiddetto “Soft CLIL”: vale a dire un insegnamento di moduli disciplinari fortemente curvato sull'apprendimento linguistico, nel quale insomma la famosa doppia focalizzazione della metodologia CLIL, contenuto/lingua, è leggermente sbilanciata verso la seconda. Una preziosa guida è stata il nostro collega Enrique Ruiz Cano: la dimostrazione vivente che condivisione, inscindibilità dei processi di insegnamento/apprendimento e socializzazione dentro e fuori le mura della scuola sono il vero 'core' del nostro lavoro in una dimensione pienamente europea ed internazionale. In una parola, “Erasmus+”.


Questo aspetto di condivisione ed internazionalizzazione è stato ancora più accentuato nei 12 giorni trascorsi a Malta per le 42 ore del corso “CLIL Methodology and ICT Tools for Teachers Working with CLIL”, durante il quale il lavoro quotidiano fianco a fianco con colleghi/e polacchi, tedeschi e lituani, mi ha permesso non soltanto di mettere all'opera una comunicazione efficace – e insegnare a saperlo fare! – ma anche immergermi nell'enorme patrimonio di saperi e pratiche pedagogiche e didattiche del corpo docente europeo. E mai questa espressione e il suo portato materiale – corporeo appunto! – hanno avuto un senso così profondo. Si è trattato di un vero e profondo coinvolgimento in culture, pratiche, sperimentazioni, scambio di materiali e conoscenze davvero prezioso: ancora oggi – a distanza di quasi un anno dalla fine di quell'esperienza – riprendo continuamente materiali e appunti, prodotti realizzati durante il corso. 

E la mia pratica didattica quotidiana, insomma, ne ha certamente risentito. 
Vi è, in questo, certamente un dato esperienziale e 'narrativo': poter raccontare quanto fatto in Spagna e a Malta rispondendo alle domande curiose dei miei alunni, innanzi tutto, mi ha permesso di riflettere e ritornare criticamente su alcuni aspetti: didattici e anche umani. E del resto, provare a mettere in pratica quanto imparato è stata una sfida davvero eccitante. Mi sono sentito libero di poter sperimentare la metodologia CLIL lavorando sulla Science Fiction, genere letterario così amato sin da ragazzo e che, in effetti, ha stimolato la curiosità degli alunni. Il genere letterario, del resto, ben si presta al lavoro su lessico, definizioni e comprensione del testo così centrali nel CLIL. Aprire, in fondo, nel senso di approfondire, espandere e scardinare confini disciplinari è (diventato) per me il significato ultimo e più 'vero' di questa metodologia. 
E questo progetto per me, “persona di contatto”, ha significato anche aprirmi e lavorare con un gruppo di colleghe e colleghi davvero motivati, inclini ad una partecipazione entusiasta, alla sperimentazione e al 'viaggio': letterale e metaforico. È stato un privilegio, davvero emozionante ed appagante. 

Nel clima di chiusura, reso ancora più cupo da forme preoccupanti di neonazionalismo, razzismo e sessismo, che domina nell'Europa di questa fine anni Dieci, questa esperienza mi ha chiarito definitivamente le idee sulla necessità di attraversare la didattica, la classe, la scuola e i rapporti con alunni e colleghi, sotto il segno della violazione dei confini, della mescolanza, della sperimentazione che mette in gioco saperi, pratiche e, soprattutto, certezze. 

Il futuro è incerto: lo costruiamo insieme, sperimentando la pluralità.

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